LOT 104 Luca Carlevarijs (Udine 1663 - Venezia 1730)
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Luca Carlevarijs (Udine 1663 - Venezia 1730) Veduta di porto con personaggi all'orientale Olio su tela Pier view with oriental people Oil on canvas 95 x 132 cm Alla morte del padre Giovanni Leonardo occorsa nel 1679, Luca Carlevarijs decide, appena sedicenne, di trasferirsi a Venezia prendendo alloggio nei pressi di Ca’ Zenobio. Compie un viaggio a Roma tra il 1685-90 e probabilmente visita sia Firenze sia Bologna. Nel 1703 il Carlevarijs pubblica la sua monumentale raccolta di incisioni all’acquaforte “Le fabriche, e vedute di Venetia”; opere grafiche che riscuotono un successo continentale tanto che gli procurano autorevoli commissioni, tra le quali dal conte di Manchester e dal del re di Danimarca. Iscritto alla Fraglia dei pittori veneziani dal 1708 al 1713, quindi dal 1726 al 1728, egli è da considerare il padre della veduta veneziana del Settecento, colui che ha fatto da apri pista, stilistico e commerciale, ai vari Canaletto, Bellotto, Marieschi, Albotto, Domenichini, Tironi. Ebbe un illustre allievo e seguace nello svedese Johan Richter. Per quanto concerne le vedute portuali Il suo fare pittorico ha origine con l’arrivo a Venezia di Johann Anton Eismann, tra il 1685 ed il 1700. Le figure di Carlevarijs, invece, sono del tutto estranee al contesto veneziano e risentono largamente dello stile dei bamboccianti romani, e in particolar modo del francese Jacques Callot. Le sue vedute hanno indiscutibilmente saldi legami prospettici con le opere Gaspar Van Wittel (Vanvitelli), pittore presente sia a Venezia sia a Roma dove carlevarijs ha avuto modo di osservare le sue opere. Per quanto riguarda la pittura di paesaggio, egli, come Marco Ricci e Bartolomeo Pedon, ha fatto propria la lezione dei paesaggisti nordici e denota l’influenza del Cavalier Tempesta, presente a Venezia dal 1697 al 1700, e del suo “realismo atmosferico “, altresì portatore, in laguna, dei risultati del paesaggio “estatico” di Gaspard Dughet e quello “eroico” di Salvator Rosa. La nostra opera mostra, a nostro giudizio, inequivocabili punti di contatto con la produzione di Carlevarijs, partendo dallo schema compositivo che nei porti di mare dell’artista è pressoché sempre il medesimo: promontorio laterale che s’adagia nel mare e banchina in proscenio. Nel cielo, come nel nostro dipinto, vi sono sempre sulfuree, gonfie e mosse nuvole, dalle forme quasi sempre simili a quella che si vede nella nostra tela. Scendendo sulla banchina portuale ritroviamo i tanto amati personaggi orientali “alla turca” e i bellissimi cavalli. I personaggi, ad un attento esame, hanno attenuato la monumentale plasticità drammatica derivata dal Magnasco, come nel “Porto di mare con arco romano e monumento equestre” di collezione Terruzzi. Particolarmente significativo è il confronto dei caratteristici volti dei personaggi, eseguiti con guizzo magistrale e le caratteristiche “deformazioni” caricaturali di callottiana memoria. Non sfugge la presenza del suo caratteristico “picchiettare” cromatico delle vesti rosse e blu, framezzate con qualche punto di giallo, accorgimento ritmico espressamente del Carlevarijs. Infine, altro dettaglio significativo la presenza del veliero, appoggiato su un fianco, in riparazione e l’animoso operare delle maestranze. Particolari e paragoni, questi citati, facilmente riscontrabili nel corpus di opere ritraenti porti di mare e scene fluviali, che ad oggi conta oltre sessanta dipinti
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